Mappa 5: Musso – Dongo: Giardino del Merlo

LEGENDA

0) PORTO
I) VALLE DEL FIGHETTO
II) GIARDINO DEL MARRONAIO
III) GIARDINO BELLISSIMO
IV) GIARDINO DI S. EUFEMIA
V) VIALI DELL’IMPOSSIBILE
VI) GIARDINO DEI LIMONI
VII) CITTÀ
VIII) GIARDINO DELLA ZOCCA
IX) GIARDINO PUBBLICO DELLE LAGERSTROEMIE
X) FUORI IL TEMPIO
XI) TORRINO
XII) GIARDINO DEL PORTONE
XIII) GIARDINO LÖGA

PUNTI GUANELLIANI

La Casa “Sacro Cuore”, in frazione Calozzo, ingloba in sé l’antica Casa Bosatta, un tempo di proprietà della famiglia di suor Marcellina e suor Chiara. Ne è rimasta la stanza principale, dove troneggia un grande camino sormontato dallo stemma di famiglia; nel locale accanto sono state allestite alcune vetrine con cimeli appartenuti alle sorelle Bosatta e a don Guanella.

In questo luogo don Luigi Guanella nel 1890 trasferì la sede della sua Opera, acquistando una serie di edifici adiacenti e costruendone altri. Nel cortile spicca la chiesa del Sacro Cuore, progettata dal donghese Aldo Rumi e inaugurata da don Guanella stesso nell’ottobre 1909, che «troneggia, quasi regina adorna, a prospetto sul paese e benedice i viaggiatori sulle acque del massimo Lario» (L. Guanella, Le vie della Provvidenza, 1913-1914).

Ora la Casa “Sacro Cuore” è una Residenza Sanitaria per anziane, gestita dalle Figlie di Santa Maria della Provvidenza.

Questo edificio, in frazione Camlago, ha ospitato il vecchio ospizio fondato nel 1873 dal parroco don Carlo Coppini e gestito da alcune giovani del paese appartenenti alla Pia Unione delle Figlie di Maria Immacolata, tra cui le sorelle Marcellina e Chiara Bosatta.

La piccola comunità formava «come in embrione un piccolo Cottolengo, perché c’erano fanciulle di varia età e orfane, fanciulle abbandonate e pericolanti, fanciulle e bambine al di sotto all’età di ragione; c’era qualche cretina, qualche vecchia ed anche qualche vecchione che poi morì lì. Erano pochi di numero e varii nell’età e nella condizione. Vivevano quasi in comunità, eppure la pace non si alterava giammai. Ognuno attendeva al suo lavoro di ufficio proprio» (L. Guanella, Un fiore di virtù da terra trapiantato nel paradiso, 1888-1889).

Dopo la morte di don Coppini, avvenuta nel 1881, don Guanella, suo successore alla cura della Parrocchia, cominciò gradualmente ad occuparsi dell’ospizio, superando alcune difficoltà iniziali dovute al clima di diffidenza che regnava attorno a lui e imprimendo un nuovo impulso alla piccola istituzione. Questo ospizio costituirà il piccolo seme da cui si sarebbe sviluppata tutta l’Opera guanelliana. La comunità lasciò questa casa nel 1887 per trasferirsi temporaneamente nella casa coadiutorale, in riva al lago.

Questo edificio, che prospetta sulla piazza della chiesa (da dove attualmente si accede), ha ospitato don Guanella dal 1881 al 1890. A quei tempi però la casa parrocchiale aveva solo due piani; fu sopraelevata nel 1939, abbandonando l’uso del piano terra da cui originariamente si entrava attraverso la “porta grande” nel muro di cinta sul retro. Al piano terra sono stati recuperati lo studio e il cucinone usati da don Guanella. Nella storia guanelliana quest’ultimo ambiente ha un posto rilevante per l’incontro tra suor Marcellina Bosatta e don Guanella, intento a consumare un frugale pranzo a base d’insalata scondita. Quest’episodio fece sparire perplessità e diffidenze delle religiose di Camlago nei riguardi del sacerdote.

A fianco della casa parrocchiale sorge un altro fabbricato a tre piani, usato in passato come casa coadiutorale. Qui don Guanella nel 1887 trasferì da Camlago la comunità religiosa fino al 1890; al secondo piano è stata ricostruita, a cura delle Figlie di Santa Maria della Provvidenza, la camera in cui sarebbe morta Chiara Bosatta nel 1887. Nei locali adiacenti è ospitata una mostra sulla vita e spiritualità della giovane religiosa, allestita in occasione della sua beatificazione.

La chiesa parrocchiale di S. Martino, in frazione Calozzo, è documentata dal 1040, ma successivamente fu più volte rimaneggiata a partire dalla fine del secolo XV.

Nel novembre 1881 don Luigi Guanella entrò nella parrocchia di Pianello del Lario, dopo la dura esperienza di Olmo; vi rimase come amministratore parrocchiale per nove anni, fino al 1890. Nonostante il clima di diffidenza che inizialmente regnava attorno a lui, si diede subito da fare. La sua giornata era densa di lavoro pastorale.

Si alzava molto presto «per dar luogo ai filandieri e alle filandiere in maggior numero di ascoltare la santa Messa e di accostarsi ai santi Sacramenti avanti l’apertura dei lavori serici. Santa Messa e meditazione per conto proprio, più o meno della durata di mezzora […]. Si poneva quindi allo studio di lettura e di scrittura […]. Dopo il breve desinare, faceva le visite agli ammalati, insieme alle visite pastorali alle famiglie secondo le circostanze. […] Ritornava poi allo studio fino alla recita del rosario in chiesa. Seguiva la cenuncola, dopo la quale iniziava la scuola serale agli adulti senza segnare le ore di durata. Nei giorni festivi cresceva il lavoro di confessioni e faceva per lo meno sette fervorini: ai confratelli, spiegazione del Vangelo, il catechismo ai fanciulli e al popolo, conferenza alle Figlie di Maria, ai Terziari, all’ospizio, il rosario con fervorino nella parrocchiale alla sera, e infine la scuola serale festiva» (L. Guanella, Le vie della Provvidenza, 1913-1914).

«Ecco lo sciame che si stacca dall’alveare»

(L. Guanella, Appunti sulla storia della Casa di Provvidenza 1910-1911)

Dal lungolago dietro la chiesa, la sera del 5 aprile 1886, avvenne la partenza della “barchetta” condotta dal sacrestano e barcaiolo Pietro Morelli. A bordo vi erano due suore e alcune orfanelle, con poche suppellettili: erano dirette a Como per aprire quella che diventerà poi la Casa “Divina Provvidenza”.

«Nel giorno 5 di aprile di quell’anno 1886 una piccola comitiva composta di due maestre e quattro orfanelle si faceva quasi processionalmente alla riva di lago fuori la casa parrocchiale. Una maestra recava per benedizione di tutte la reliquia della beata Vergine che nascondeva entro lo scialle che la copriva. Si recitò una breve preghiera, si benedissero e partirono recando in una barchetta tutto il mobilio della propria fondazione» (L. Guanella, Un fiore di virtù da terra trapiantato nel paradiso, 1888-1889), ovvero «un tavolino rettangolare mancante di una gamba» e alcune «sedie ove la paglia era un desiderio» (L. Mazzucchi, La vita, lo spirito e le opere di don Luigi Guanella, 1920).